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I Circoli del cinema di Bellinzona, Locarno e Lugano in collaborazione con il Gruppo Ticino di Amnesty International propongono la proiezione del film

BAB EL-OUED CITY

di Merzak Allouache (Algeria-Francia 1994)


 

"Bab el-Oued City è un’istantanea della vita quotidiana ad Algeri in un tempo di crisi, ma potrebbe anche essere Zurigo, Parigi o Berlino."

(Merzak Allouache)

 
 
Cinema Ideal, Giubiasco: martedì 24 aprile, 20.30

Cinema Iride, Lugano: giovedì 26 aprile, 20.30

Sala Morettina, Locarno: venerdì 27 aprile, 20.30


Sceneggiatura: Merzak Allouache; fotografia: Jean-Jacques Mréjen; montaggio: Marie Colona; musica: Rachid Bahri; canzoni: Cheb Rabah; suono: Philippe Sénéchal; interpreti: Nadia Kaci (Yamina), Mohamed Ourdache (Saïd), Hassan Abdou (Boualem), Mourad Khen (Rachid); produzione: Les Matins Films, Parigi; Flahback, Algeria; Thelma Film, Zurigo.
35 mm, colore, v.o. araba con sottotitoli francesi e tedeschi, 93’.

La vicenda si svolge a Bab el-Oued, quartiere storico e popolare di Algeri. Boualem lavora tutte le notti in una panetteria e dorme di giorno. Un pomeriggio, mentre si riposa dopo una notte di fatica, è svegliato bruscamente dalla voce dell’Imam Rabah, diffusa da un altoparlante regolato al massimo. Boualem, spinto da una collera incontrollabile, sale sulla terrazza, strappa l’altoparlante e lo getta in mare. Questo gesto, che egli non sa spiegare veramente, finirà per turbare la vita del quartiere. Un gruppo di giovani, capitanato da Saïd, si mette alla ricerca del colpevole per infliggergli una punizione esemplare per il suo atto provocatorio. Tutte le peripezie che seguiranno ci fanno scoprire un quartiere, Bab el-Oued appunto, con i suoi ambienti popolari, spesso commoventi e bizzarri: ci sono le donne relegate negli appartamenti e sulle terrazze, che vivono con derisione la loro routine quotidiana, i giovani nelle strade, senza speranza né lavoro, divisi tra la droga e il reclutamento. Si possono anche vedere i ricordi nostalgici di uno splendore passato. E, per finire, l’amore tra Boualem e Yamina, la giovane sorella di Saïd...

Merzak Allouache è nato ad Algeri il 6 ottobre 1944. Dal 1964 al 1967 studia all’Istituto Nazionale del Cinema di Algeri e nel 1967 ottiene il diploma di regista all’IDHEC di Parigi. Sempre a Parigi, frequenta dei corsi di teoria del cinema all'Ecole Pratique de Hautes Etudes. Dal 1972 al 1974 lavora come consigliere al Ministero della Cultura e come assistente alla regia di Sim Riad. Dal 1974 ad oggi ha realizzato diversi documentari e cinque lungometraggi di finzione.
 

Amnesty chiede di non ignorare la tragedia che affligge l’Algeria dal 1992. Stime prudenti attestano a 100.000 il numero dei morti mentre quello dei feriti e di coloro che hanno perso almeno un familiare sarebbe dieci volte maggiore. Almeno 10.000 persone sono "scomparse" dopo essere state arrestate dalle forze di sicurezza oppure rapite dalle milizie armate statali o dalle formazioni armate che si definiscono "gruppi islamici".
Tra questi "scomparsi" vi è anche Laïd Souyad, venticinquenne arrestato il 17 luglio 1995 dalla polizia presso la sua abitazione di Harbil. Da allora non si hanno più sue notizie. Il suo caso è stato "adottato" dal Gruppo Ticino di AI.

Filmare ad ogni costo. Sfidando il coprifuoco, l’ostilità della gente, le sirene delle ambulanze e delle auto della polizia. Nella primavera del 1993 l’Algeria era sotto lo stato d’urgenza. Algeri immobilizzata da omicidi, arresti, repressione. Il quartiere popolare e storico di Bab el-Oued, come gli altri, segnato dalla crisi economica, dai rovesciamenti politici. Merzak Allouache, esponente di punta dei cineasti beur, autore di due film mitici (Omar Gatlato, 1976 ; Un amour à Paris, 1986), ha voluto filmare ad ogni costo, " re-tourner " nei luoghi della sua infanzia e quindici anni dopo Omar Gatlato. Si è immerso nell’attualità algerina con la forma sgraziata di un B-western.
Si percepisce, nel film di Allouache, una mancanza di centralità, una instabilità del gesto e dello sguardo. Sono immagini nervose e sporche, quelle di Bab el-Oued City. La carne e i nervi esposti alla luce, al dolore, alla fuga, al " giudizio " della follia integralista, di un potere politico e religioso che diffonde via altoparlante in tutte le strade del quartiere la voce amplificata della preghiera dell’Imam. E’ contro questa interferenza-controllo che si scaglia Boualem, giovane garzone in una panetteria (...). Il suo è un atto (il film è ambientato nel 1989, poco dopo i sanguinosi avvenimenti dell’ottobre 1988) che scatena la rivolta da parte di un gruppo di integralisti. Caccia all’uomo per le strade, nei luoghi del quartiere, compreso il cimitero dove si danno appuntamento, ma anche lì spiati e controllati, Boualem e la giovane sorella del boss Said.
La nascita del filmare ad ogni costo si fa sguardo nervoso che fa battere i sensi in modo hard, che scopre corpi sudati (nelle sequenze durante il lavoro in panetteria) e sguardi, silenzi, complicità (nel buio dell’appartamento dove vive la giovane donna comunista rintracciata da Boualem). Come nei lavori di Zemmouri, l’attualità e il ritratto sociale si significano attraverso il gesto polveroso della messa in scena che produce scarti inattesi, rituali filmici rievocati da altrovi della memoria (nel caso di Allouache, il western) che scandiscono il tempo delle azioni, il movimento dei corpi che lottano sul territorio, lo difendono, violentano, abbandonano o lì rimangono bloccati. A continuare piccoli traffici e a vivere nel silenzio. Nel cuore di un quartiere da scrutare nelle sue viscere o dall’alto, con panoramiche e totali su di esso. Boualem si staccherà fisicamente da esso, lasciandolo a bordo di una nave. Decisione presa ad ogni costo. Come l’atto di filmare di Allouache.
(Giuseppe Gariazzo, in " Cineforum ", 335, giugno 1994)

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