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_ L'apprendimento della violenza nell'ambito familiare
_ Opinioni correnti ed effettiva realtà
_ Esaurimento come scarica di violenza
_ La violenza nella miseria
_ La violenza immaginata
_ La violenza come compensatoria di carenze d'impulsività
_ Violenza convertita
_ Violenza mascherata
_ Violenza primitiva
_ Violenza ad uso terapeutico?
_ Confusione causata da una mancanza di conoscenze
_ Componenti principali e meccanismi della persona
_ Violenza come espressione naturale
_ Le statistiche
_ Violenza come espressione della paura elementare
_ Riassunto
_ Letteratura


Lothar Knaak, Ascona
 

L'apprendimento della violenza nell'ambito familiare

Lothar Knaak, Ascona

Conferenza del 22.03.1979, nell'Aula magna dell'Università degli studi di Milano, Facoltà di Medicina, Istituto di Psicologia, Centro psicologia giuridica

L'apprendimento della violenza nell'ambito familiare

Il tema, l'apprendimento della violenza nell'ambito familiare, è assai complicato e quel che posso dirvi non è tanto in accordo con le opinioni correnti, il che però non significa che tenti d'essere a tutti i costi originale, infatti già SENECA, nel Cap. I del suo "de vita beata" diceva:
"Nihil magis praestandum est, quam ne pecorum ritu sequamur antecedentium gregem, pergentes, non qua eundum est, sed qua itur."

Opinioni correnti ed effettiva realtà

La violenza all'interno della famiglia non è un fatto uniforme la cui semplicità permette sempre una divisione fra colpevoli ed innocenti, fra oggetti e soggetti. Nemmeno la semplice differenza di posizione fra adulti in situazione dominante e bambini che ne dipendono è sempre un fattore d'ordine fondamentale valido. Le vittime non sono sempre i deboli, e i violenti nemmeno sempre i forti.

Queste constatazioni, pur avendo un carattere alogico, si reggono ugualmente, non solo a causa di esperienze sempre attuali, ma anche seguendo il filo delle riflessioni concernenti quest'oggetto di studio. Pensiamo solo alla facilità con la quale un debole sa farsi martire oppure alla possibilità di colpevolizzare l'oggetto della violenza. Gran parte delle azioni violente infatti, nonostante il loro contenuto di autosoddisfazione per il soggetto violento, ha quale scopo dichiarato la punizione d'un colpevole. La vendetta ha, per contro, tutt'altro fine, cioè quello di equilibrare le "torture" subite, applicandone a propria volta al "torturatore".

Perfino i programmi politici non raramente hanno alla loro base la rabbia di coloro che si sentono sfruttati o maltrattati. La sensazione d'essere maltrattato è propria ad ognuno di noi. La sua intensità dipende però piú dal carattere d'una persona che dalla fortuna o dalla fatalità. Sappiamo per esperienza come a persone di una certa abilità risulti facile mettere in colpa anche una persona innocente.

Occorre quindi essere in chiaro che le nostre proprie opinioni non possono mai coincidere totalmente con la realtà effettiva, ma costituiscono invece un riflesso del nostro atteggiamento verso di essa. Altrettanto le opinioni sorte al seguito di un'euforia di massa, in un determinato momento storico, non corrispondono con la realtà dei fatti.

quod ubique, quod ab omnibus creditur).

Esaurimento come scarica di violenza

Un esempio concreto: Una madre nubile, soffrendo d'emicrania a causa sia di una predisposizione che per le difficoltà riscontrate nell'affrontare la sua situazione sociale, viene continuamente sollecitata della sua bambina di cinque anni affinché essa le conceda la sua attenzione. La piccola picchia la mamma, senza che ella a sua volta riesca a calmarla né a parole né piangendo o dimostrando il suo malcontento, e neppure con il vomito di bile che spesso accompagna l'emicrania.

Si affermava che la madre non avesse mai picchiato la figlia. Ella assumeva per contro il ruolo di vittima, facendo appello alla comprensione della sua bambina. Finché un giorno, la bambina non reagisce piú agli appelli emotivi della madre bisognosa di appoggio. In quest'ultima si verifica il "black-out" delle funzioni d'autocontrollo. Essa prende improvvisamente la figlia e la getta fuori della finestra sulla strada da un'altezza di 12 metri. Accorgendosi di quanto era accaduto, la madre si getta a sua volta dalla finestra. La bambina risulta illesa, la madre riporta invece numerose fratture delle estremità e del bacino. Dopo una lunga degenza ospedaliera essa pure guarì.

Estremamente complicata fu la ripresa delle funzioni interazionali fra madre e figlia, poiché la piccola si rivelò piú viziata di prima e piú delusa ancora, a causa del comportamento irresponsabile dei giornalisti e dei curiosi, anche se l'atteggiamento di questi ultimi era stato di piena comprensione. Per un tempo limitato la bambina era divenuta oggetto d'interesse particolare, per poi essere dimenticata. E il meccanismo tipico dei fatti a sensazione.

La violenza nella miseria

Da Berlino ovest un esempio estremo fornisce dati su di un altro tipo di violenza nell'ambito della famiglia. Protagonisti sono una coppia di ladruncoli bevitori con due bambini maschi in età di scuola elementare. Queste indicazioni risalgono al momento in cui mi sono occupato del caso.

I bambini erano malnutriti, fumavano e avevano un grande bisogno d'alcool. Essi erano abituati alle botte dei genitori, ma anche alla loro generosità per quanto concerne le bevande alcoliche e le sigarette. D'altra parte essi godevano, nel partecipare ai colpi come pure ad altre operazioni di piccola criminalità, ciò che li divertiva in modo eccezionale. Quando i genitori rimanevano senza alcool e cibo, rinchiudevano i loro bambini in un lavatoio obbligandoli a riordinare la merce rubata. Era proprio in questi momenti che padre e madre picchiavano i loro piccoli. I bambini soffrivano per le botte ricevute, i genitori per la loro miseria.

Finalmente intervenne il servizio sociale statale per allontanare, nel vero senso della parola, i bambini da questo loro ambiente miserabile. Essi vennero collocati in Svizzera allo scopo di impedire ai genitori ogni contatto diretto, durante il periodo nel quale i figli erano sottoposti all'autorità tutoria.

Per l'istituto pedagogico, al quale erano stati affidati questi bambini, si posero grossi problemi a causa della loro forte nostalgia (Heimweh). Il lavoro terapeutico rivelò che i bambini si sentivano vittime non dei genitori ma del servizio sociale il quale li aveva tolti ad essi. I piccoli si consideravano infatti parte di una unità sofferente con i genitori. Per i bambini la sofferenza dei genitori era una realtà persistente e così la violenza nei propri confronti veniva registrata come personale partecipazione alla loro sofferenza.

I figli prendevano però anche interamente parte alle gioie ed ai trionfi dei genitori, che a noi, avendo un'altra scala di valori, sembrano miseri. Per loro si trattava di vita nel pieno senso della parola e dell'emozione immediatamente esplicitata. Ciò, naturalmente, significava una vita a livello quasi animale.

La violenza immaginata

Ancora un'altro tipo di violenza illustrato sulla scorta di un ennesimo esempio berlinese:
Una ragazza di 12 anni fu collocata in un istituto pedagogico in Svizzera a seguito di una pretesa violenza subita ad opera di un tassista, il quale si trovava, per questo delitto, in carcere preventivo.

Da un controllo ginecologico, risultò in seguito che l'imene della ragazza era intatto. Il lavoro psicoterapeutico chiarì la dinamica dell'accaduto.

Un gruppo di ragazze, dopo lunghe chiacchierate di contenuto sessuale, si era sciolto ed esse si erano allontanate in direzioni diverse. La ragazza dodicenne era venuta a trovarsi sola sul bordo della strada. Il tassista si era fermato nei pressi per fare acquisti in un piccolo negozio, quando aveva visto la bambina svenire sul marciapiede. L'aveva caricata sul tassi e portata a casa propria, somministrandole poi delle gocce di caffè con Korn (distillato di cereali). La bambina aveva ripreso conoscenza e, trovandosi sola con un uomo in un luogo a lei sconosciuto, era fuggita in preda al panico a casa sua, senza nemmeno ascoltare le spiegazioni del tassista. Lo aveva poi accusato di averla violentata senza avere conoscenze precise circa il significato della sua accusa. Dalle inchieste risultò in seguito che il tassista conosceva la bambina di vista e sapeva che ella si trovava da sola a casa durante il giorno, poiché i genitori erano assenti a causa del loro lavoro. Per questo motivo egli aveva cercato di aiutare la ragazza, quando questa aveva perso i sensi. Questo atto di compassione aveva avuto il risultato di farlo finire in carcere sotto l'accusa di violenza carnale ai danni di una minorenne.

Dopo la psicoterapia la bambina ritirò la sua accusa, ammettendo inoltre di non aver conosciuto il significato preciso dell'espressione "violenza carnale" (Vergewaltigung).

Nella sua fantasia essa aveva immaginato quanto era stato discusso con le amiche. In verità era svenuta in una crisi isterica. Essa desiderava nell'inconscio ciò di cui accusava il tassista innocente ed ingenuo. Il tassista aveva portato a casa propria la bambina, certo di trovarvi sua moglie. Al momento gli era sfuggito che la moglie si trovava in visita da parenti. Dando queste spiegazioni la sua situazione nei confronti della giustizia si era aggravata invece di migliorare.

Sulla scorta di questo esempio si può pure constatare come alla costituzione di vicende di questo genere partecipino molteplici meccanismi dell'inconscio.

La violenza come compensatoria di carenze d'impulsività

Un esempio di violenza nell'ambito della famiglia, di ancora un altro tipo, ci proviene da un ambiente benestante svizzero.

Il figlio unico non era quasi mai stato punito fisicamente dal padre, accademico, nemmeno in momenti di malumore. Il suo sviluppo era estremamente irregolare, in quanto se da un lato appariva piú maturo della sua età, d'altra parte era nervoso e disorientato.

Il ragazzo aveva frequenti discordie con la madre e un grande timore del padre, il quale si era però dimostrato sempre molto comprensivo nei confronti di questo suo figlio, quasi divinizzato. Il bambino aveva iniziato la scuola a 5 anni. Dati gli ottimi risultati scolastici, aveva potuto entrare nella scuola media con un anno di anticipo.

All'età di 10 anni fu sorpreso mentre si divertiva, con un grosso sasso a rompere la corazza di una vecchia tartaruga.

Il sangue ne usciva pulsando, come da una fontana. Egli non dimostrò alcun pentimento, malgrado lo spavento del padre, il quale era riuscito a salvare l'animale, oggetto della violenza nella famiglia.

La psicologia del profondo avrebbe già con questi dati informazioni sufficienti per inserire una terapia fondata sullo squilibrio grave di cui era oggetto questa famiglia tripolare.

In seguito il padre mancò improvvisamente per un incidente stradale. Il giovane, che già aveva cominciato a regredire nell'ambito scolastico, lasciò il liceo senza finire i corsi della penultima classe.

Nel frattempo si era abituato a prendere sua madre a calci e pugni quando si sentiva insoddisfatto.

Questi esempi autentici permettono già di concludere che l'apprendimento della violenza non avviene secondo lo schema classico di lezione ed esercizio d'applicazione.

Violenza convertita

Infatti non è necessariamente così, che quando un padre picchia la madre il bambino faccia automaticamente altrettanto con la sua sorellina.

A mano d'un altro esempio si è potuto costatare che un figlio in una tale situazione famigliare si è convertito verso l'omosessualità, riscontrando egli una timidezza insuperabile di fronte all'altro sesso. Non si tratta nel caso in esame d'una pederastia d'origine ormonale, ma bensì motivata inconsciamente dall'appartenenza allo stesso sesso di colui che opera violenza nei confronti della madre, persona amata.

Ne consegue una totale impossibilità ad entrare in relazione con il sesso femminile - impersonato nella madre - in quanto tale atto è per sua natura aggressivo, mentre che il soggetto rifiutava un simile tipo di relazione, a causa della reazione che la violenza paterna aveva suscitato nel suo inconscio.

Queste conversioni sono multiformi. Sono conosciute nell'ambito dei meccanismi della egodefens come li ha descritti Sigmund FREUD.

Pur basandosi su tali principi di conoscenza, si tenta ugualmente di semplificare certi avvenimenti, e ciò anche a spese delle esperienze fatte e delle conoscenze acquisite. Non ci si dedica quasi mai alla verifica d'una opinione corrente al momento attuale; anzi, la tendenza comune è sempre quella di applicare le convinzioni attualmente in vigore anche per oggetti e avvenimenti di carattere controverso.

Per esempio il vasto campo della violenza mascherata sembra tabú soprattutto perché già il principio dell'esistenza di questa contraddirebbe l'ideologia della bontà innata dell'essere umano, il quale si rende cattivo solo a causa delle condizioni educative del sistema sociale in cui vive. Già questa formula è piena di paradossi.

Solo qualche cosa che esiste fin da principio è sviluppabile, e l'educazione può solo formare o differenziare i valori preesistenti in forma elementare.

Violenza mascherata

La violenza mascherata si sviluppa secondo possibilità enormi.

Cito un esempio estremo di violenza, che si serve dell'emozione elegiaca, cioè della tristezza di base.

Ho conosciuto un uomo d'una certa importanza nella politica europea, essendo egli stato rappresentante d'un paese dell'Europa del nord al primo consiglio europeo.

Quest'uomo amava molto le ragazzine. Con il suo aspetto signorile e sapiente, impressionava senza dubbio le giovanette. Per portarle al di là della semplice adorazione della sua persona, egli tentava di forzare i loro stimoli elegiaci. Di quale mezzo egli si serviva? Egli regalava loro il diario di Anna Frank.

Seguiva poi un colloquio a tu per tu per approfondire la loro elegia fino alla tristezza che le rendeva indifese. La figura di Anna Frank a sua volta aveva un valore simbolico per queste emozioni.

Nell'ambito di questo fenomeno ci si serve della docilità, la quale elimina ogni resistenza. Quando queste ragazze si rendevano conto dell'accaduto se ne pentivano. Per loro si trattava in pratica d'un risveglio da un'ipnosi.

Da questo punto di vista il nostro esempio offre anche certi riferimenti alla psicosi di massa, la quale nell'intervallo maniaco mette fuori funzione i meccanismi dell'autocontrollo.

Una persona si riduce così alle funzioni ipobuliche, disinserendo la funzione dell'ego.

Talvolta la moda mentale si serve di certe codificazioni delle fasi della vita, personificate in una figura simbolica. Un essere umano può diventare così l'incarnazione d'una situazione mentale. Esso diventa idolo con tutti gli attributi attivi in una dimensione religiosa, acquistando valore sacrale. Ogni opinione che resiste a questa psicosi di massa, viene interpretata come sacrilegio ed adeguatamente punita. Così Anna Frank per alcuni anni ebbe un aspetto sacrale. Perciò le ragazze del nostro esempio si trovavano già a causa di questa narrazione in una situazione preipnotica.

Usando i simboli religiosi in modo sciamanistico è sempre stato possibile creare delle vittime sacrali, in ogni zona terrestre ed ad ogni epoca, dalle vestali immacolate a coloro che sono oggetto di atti di cannibalismo.

Malgrado il fatto che le ragazze al momento della loro debolezza ipnotica si abbandonassero di per sé volontariamente al loro sfruttatore, si tratta ugualmente d'un atto di violenza, cioè di un'azione con la quale una persona sopraffà la volontà altrui, usando però mezzi perfidi, suggestivi ed ipnotici. La natura brutale dell'atto è mascherata.

In questa prospettiva risulta che l'istinto alla violenza, per quanto attiene alla sua motivazione, è molto piú primitivo ed elementare che non l'applicazione pratica della violenza medesima.

Si possono apprendere le forme o le espressioni specifiche della violenza ma non la sua natura intrinseca.

Violenza primitiva

I primi contatti fra estranei in un campo d'attività comune, in particolare nell'età infantile, di solito hanno un aspetto violento. Basta seguire i giuochi dei bambini d'un asilo infantile o delle scuole elementari durante le ricreazioni per costatare, che la violenza è un'espressione elementare delle interazioni umane. Quando i bambini non sono sorvegliati, i loro giuochi eccedono quanto a violenza. Solo la regolamentazione del giuoco ci pone rimedio. Per il tramite di regole avviene cioè la differenziazione dell'impulsività, la quale per sua natura profonda è violenta.

I primi contatti coll'altro sesso nella tarda infanzia sono di solito pure violenti. Sembra che i meccanismi ipobulici e iponoici seguano le regole che valgono anche per altre specie viventi, le quali conoscono la violenza come forza iniziale per lo svolgimento di diverse funzioni della convivenza.

Non la violenza si deve apprendere, ma soprattutto la nonviolenza.

Le modificazioni del comportamento, che finalmente nelle sue piú differenziate forme si riconosce come cultura, devono essere apprese.

La violenza però sembra così inevitabile, che la paura filogenetica che essa causa, ha come conseguenza il meccanismo di rimozione o di sostituzione forzata, il quale capovolge teoricamente la causalità dei processi d'azione. Erich FROMM, ad esempio, ha perfino filosoficamente cercato di negare l'esistenza della violenza come elemento vitale dell'essere umano.

Ma organicamente nel nostro cervello la posizione topografica della violenza è localizzabile. Le manifestazioni di violenza possono essere scatenate artificialmente con una semplice stimolazione elettrica di quella zona cerebrale. Ne consegue che non ha senso voler negare cose che effettivamente esistono.

Violenza ad uso terapeutico?

Le forme delle possibilità dell'apprendimento della violenza sembrano effettivamente molteplici come le varietà della sua applicazione. Si arriva finalmente ad inserire tecniche violente a scopo terapeutico in un modo veramente inaspettato.

Il diavolo della violenza, il quale si cercava di complimentare fuori dell'uscio di servizio, d'altra parte viene chiamato di rientrare dalla porta principale, per esempio nel modello seguente:

Nel marzo 1979 ho preso parte ad un convegno sulla psicomotricità.

Il tema, visto nella sua dimensione terapeutica, è senza dubbio di grande importanza.

Al convegno stesso però, parte del tempo era dedicato all'accompagnamento dello sviluppo dei bambini oligofrenici III°, cioè non oggetti di formazione scolastica, ne di possibilità psicoterapeutiche.

Un intervento in francese mi ha soprattutto impressionato, sia per il contenuto veramente particolare, sia per la reazione degli uditori in aula. Mi permetto di trarre un riassunto del fenomeno:

Il professore iniziava le sue lezioni trovandosi solo alla tavola.

Si esprimeva dolcemente in lingua francese, foneticamente ottima, avendo già così il vantaggio dell'affascinare, azione che ogni comprensibile estraneità crea.

Durante il suo discorso progrediva l'accentuazione fino alle constatazioni apodittiche di carattere da comando.

In sala regnava il silenzio.

Alzandosi da questo silenzio, il maestro saliva sull'emporio centrale dietro il suo proiettore, esponendo poi in modo staccato i principi della sua teoria tramite diapositive, seguendo però questa suggestione ottica con spiegazioni bellissime, poetiche di forma linguistica e melodiche nell'aspetto vocale.

Il relatore parlava di "violer le corps", di "pénétrer", di "copulation symbolique", di "battement des allongements du corps", usando molto direttamente l'imagine d'un pseudopenis, in posizione precisa, su cui l'oggetto di questo metodo terapeutico, assieme ad un compagno, scaricavano la loro violenza con bastoni in mano.

L'insegnante del metodo finalmente parlava anche di "pression du corps", gettandosi adosso al suo paziente, culminando così in un gesto deciso di violenza carnale, però mascherata in modo molto trasparente.

La sala fu silenziosissima.

Violenza carnale praticata come elemento terapeutico?

Per chi? Per un oggetto dipendente?

Ma era però il terapeuta stesso a gettarsi sul suo paziente, ambedue di sesso maschile.

Seguiva poi un filmato. Oggetto di questo era un oligofrenico, con possibilità di sviluppo limitato all'età prescolastica.

I giuochi erano nettamente di violenza erotica, parzialmente però modificati, soprattutto quando l'handicappato tentava di contattare direttamente l'organo del bacino suo, con la faccia del terapeuta.

Si tratta d'un dettaglio d'importanza decisiva, in quanto il metodo della permissività totale inseriva qui d'altra parte anche rifiuti di azioni corporei.

Ciò significa che l'oggetto della terapia di questo genere è nel medesimo tempo anche un oggetto manipolato del terapeuta, il quale permette solo quello che ad egli conviene.

In ogni caso egli si lasciava mordere ripetutamente i capezzoli.

Dopo questa esibizione filmistica, l'aula esplodeva in applausi molto piú forti che per gli interventi precedenti, maggiormente ottimi.

Indubbiamente interessanti erano le fasi di sviluppo, d'una purezza esemplare, nelle quali si presentavano i personaggi dell'operato.

In base alle mie esperienze giudicherei in questo senso:

  1. L'insegnante del suo metodo si presentava in veste d'un grande mago.
  2. Ho preso parte ad una "séance" d'una folla in stato preipnotico, anzi ad una dimostrazione d'ipnosi di massa, ad uso del desiderio sessuale sottoposto all'inserimento d'una ritualizzazione, chiamata psicorieducatoria.
  3. Deve essere precisato che l'oggetto del filmato, il bambino oligofrenico, non è un essere rieducabile, in quanto le sue possibilità sono già limitate a causa di anomalia encefalitica.
  4. Si pone la domanda se si tratta nella relazione terapeuta paziente qui esibita non d'una finalità iatrogenica, in quanto l'oggetto dell'intervento segue finalmente i suggerimenti del terapeuta trasformandosi in un suo strumento desiderato.

Confusione causata da una mancanza di conoscenze

Vista la complessità del tema sulla scorta di esempi pratici, la mia impressione è che lo sbaglio principale e piú comune, per quanto concerne l'interpretazione dal principio dell'apprendimento della violenza, consiste nel confondere cose molto diverse.

  1. Si confonde cioè la formazione acquisita sulla base dell'esperienza (abitudine) con
  2. l'apprendimento conoscitivo.
    Si tratta d'un errore fondamentale con delle conseguenze decisive per le possibilità di una conoscenza approfondita.
  3. Nella tendenza alla semplificazione si nega per di piú anche le complicazioni dei meccanismi della egodefens, soprattutto della conversione causata dall'esperienza fatta ricevendo un affetto negativo in luogo dell'affetto positivo desiderato, nel caso di certi atti espressivi.
  4. Così l'intimidazione operata, tramite atti violenti, che giuoca fra diverse persone, risulta esclusa dalle possibilità formative. Con questo però non è già data una risposta alla domanda di come l'apprendimento si svolga, e da quale esempio o insegnamento una determinata forma dell'espressione violenta derivi.
  5. Quando si paragona il risultato di qualsiasi insegnamento risulta senza difficoltà, che non si evidenzia mai una uniformità del comportamento salvo che dall'applicazione del "drill", cioè il ben noto esercizio dinamico usato negli eserciti, e ciò anche solo per un tempo limitato ed in situazioni limitate.

L'apprendimento libero però non si svolge in questo modo uniforme.
Si tratta per contro di un adattamento a forme e condizioni dell'espressione, d'un codice di convinzioni sociali. Abbiamo già visto dall'esempio della violenza mascherata con le ragazzine, che i meccanismi iponoici e ipobulici, cioè le forme della vita che si trovano alla base filogenetica dell'evoluzione, si riattivano sempre nei momenti di eliminazione della funzionalità delle forme piú sviluppate, cioè piú differenziate. Così è evidente

  1. che quel che si apprende è piú dipendente dalle situazioni e condizioni relativamente primitive che dal modello di comportamento offerto.
  2. Decisivo per la comprensione delle funzioni educative è la conoscenza di questa base, ordinata in strati, della individualizzazione dell'essere umano.

Componenti principali e meccanismi della persona

Vediamo almeno tre di questi strati di una natura molto differente fra di loro.
I tre piani principali della nostra coscienza hanno ognuno un loro significato particolare.

  1. Un ritorno all'origine primitiva, cioè preistorica, significa sempre una relativa dissoluzione della coscienza dalla responsabilità ossia uno scatenamento degli impulsi non riflessi, applicati ai contenuti mentali, direttamente stimolati sulla base dell'appetenza specifica. Significa un ricadere nella immensa oscurità del "se" cioè dell'inconscio (sistema limbico).
  2. Un'esagerazione della stimolazione in una direzione unica, nelle alterazioni dell'atteggiamento con esito fanatico, porta il problema su di un livello sacrale, divinizzando l'oggetto adorato, ciò che costituisce un fenomeno di natura psicotica a causa della preminenza esclusiva dell'ego superiore (= la voglia di punire!) (neocortex matrix cosciente non engrammato, ingenuo).
  3. La coscienza differenziata a livello realistico significa però la dimensione dell'ego nella sua piena competenza (neocortex cosciente ekphorando).

In questa gradazione incontriamo allora la terminologia FREUDiana nell'analisi delle componenti principali della personalità, cioè del sé, dell'ego e dell'ego superiore.

Ciò significa, che apprendimenti sono possibili al livello di ogni gradino di questa scala. Certo che la nozione del campo conoscitivo, corrispondente col piano dell'ego cosciente, richiede informazioni esatte, le quali non devono essere confuse con gli stimoli emotivi. Ma le tendenze di ricadere al piano piú primitivo o di esagerare verso l'estremo mistico, sono sempre attuali in ogni apprendimento.

Ogni realizzazione conosce componenti oggettive come pure emotive. Che ogni attività abbia anche un aspetto emotivo è cosa evidente. L'emozione per di piú è un fenomeno dinamico, che risulta avvertibile a causa della sua continua trasformazione.

La catena della trasformazione d'una emozione si svolge nel modo seguente:

All'inizio troviamo l'appetenza, cioè il desiderio di dare soddisfazione ad un movente elementare dell'esistenza percepita.

Dello sviluppo verso l'attuazione conosciamo due aspetti: la constatazione oggettiva ed il lato vissuto.

In ogni dinamica conosciamo poi l'inizio, la realizzazione ed il regresso. Graficamente il diagramma sferico della parte illuminata si presenta così:

Sul lato illuminato di quest'immagine sferica, vediamo i processi psicologici mentre che all'ombra si sviluppano i processi biochimici di un'importanza determinante per tutte le espressioni vitali, cioè evidentemente anche per quelli psichici.

All'ombra della sfera della letargia si passa di nuovo all'appetenza, soprattutto per un processo biologico che diventa psicologico a seguito delle funzioni endocrinologiche.

Violenza come espressione naturale

Risulta evidente che "il modello di violenza" comprende unicamente una sezione, cioè l'attuazione di questa trasformazione, la quale è per di piú condizionata dagli strati evolutivi, cioè dalla situazione della capacità di apprendimento, della cultura, dell'ambiente, della differenziazione sentimentale e della opinione corrente cioè delle convinzioni in vigore in un determinato momento storico.

Per questo la violenza è piú un'espressione naturale che coincide soprattutto con la fase giovanile della maturazione umana, che non un prodotto dell'insegnamento od un risultato dell'apprendimento.

Qui si potrebbe anche inserire la domanda del perché sembri impossibile l'apprendimento delle lezioni dateci dalla storia locale, nazionale o universale. Penso che la nostra implicazione nel momento storico attuale presupponga così tanti fattori pregiudiziali, che la nostra visione di un'epoca antecedente inserisce per principio paragoni dal momento attuale, per nulla validi al momento di un determinato fatto storico. Le condizioni mentali di una volta restano invece per noi un libro sigillato sette volte a causa della nostra ignoranza al riguardo, fenomeno questo attuale per gli uomini di ogni epoca che vogliano studiarne un'altra.

La violenza nell'ambito della famiglia ha anche un aspetto collettivo, determinante in senso generale, con tutte le caratteristiche d'un istinto.

La forma elementare dell'impeto distruttivo verso l'ambiente originaria era già stata da me analizzata e descritta negli anni 1968-1970.

Nell'ambito della violenza si contano anche temi come l'abuso di droga e tutto ciò che è un'espressione del desiderio umano di acquisita importanza, cioè di profilarsi e dimostrare la propria capacità, per raccogliere l'interesse, il rispetto, la stima e l'adorazione degli altri, esagerando in una dimensione violenta. Si tratta dell'aspetto psichico che costringe a compensare i segni di mancanza, delle disfatte o delle insufficienze, messi già da Alfred ADLER al centro della sua psicologia individuale.

Nell'ambito della nostra visione questo è però solo un aspetto di una psicologia molto piú larga e meno monoclinica. Una conoscenza approfondita inserisce anche l'inconscio collettivo e la natura archetipica, seguendo le definizioni di C.G. JUNG, come pure non da ultimo i meccanismi dell'egodefens e la composizione della persona singola del sé, ego ed ego superiore, descritti da Sigmund FREUD.

I lavori di A. HEDRI, concernente gli argomenti per una psicologia dell'aggressione, assumono funzione di conferma.

La ricerca sulla violenza allora non è piú una novità e ha già superato la situazione semplicemente ipotetica.

Un'importanza decisiva al riguardo ha assunto la ricerca neurologica e biochimica. I lavori di Sir John C. ECCLES, di W.R. HESS, U. JÜRGENS e D. PLOOG, P.D. MAC LEAN e tanti altri, come pure l'antropologia di Hoimar von DITFURTH ed i vasti studi nell'etologia influenzati da Konrad LORENZ ed EIBL-EIBESFELD, in questo campo sono fondamentali.

Le scienze con una larga tolleranza romantica hanno però, di solito, la tendenza a rifiutare ogni accertamento scientifico da parte di scienze ad esse prossime e piú esatte che potrebbero contraddire le loro convinzioni speculative piú volte ripetute, le quali conservano fondamentalmente sempre ancora lo stimolo poetico del vero, buono e bello, o la visione romantica di un ritorno alla natura della libertà, innocenza, virtú, filosoficamente formulati da Jean Jacques ROUSSEAU.

Le statistiche

Vi prego di scusarmi se sono stato costretto ad esprimere fatti e concetti che contraddicono le convenzioni abituali sul problema dell'apprendimento della violenza nelle famiglie. Al riguardo le statistiche sono molto povere per il semplice fatto che gli oggetti di studio sono sempre scelti in base alla domanda.

Evidentemente se si chiede unicamente il numero dei bambini maltrattati, non si riceve risposta per quanto riguarda le condizioni ambientali, e nemmeno a proposito della cifra effettiva dei genitori maltrattati dei loro ragazzi, proprio perché l'opinione pubblica ha un atteggiamento protettivo favorevole a questi ultimi.

Personalmente ho l'impressione che la violenza piú profilata ai nostri tempi sia la violenza giovanile contro l'ambiente protettivo, e non quella degli adulti, verso i minorenni.

L'esempio della coppia ladruncola dimostra la solidarietà di una famiglia nella sofferenza, dove i figli vengono violentemente maltrattati. In questi casi la miseria non agisce solo sui bambini, che si sentono solidali con i loro genitori, anche se costoro li maltrattano perché si sentono a loro volta maltrattati.

Per quanto concerne la violenza giovanile i dati sono molto contraddittori. Proprio negli ambienti benestanti, che viziano materialmente la loro prole, si reclutano per buona parte non pochi ideatori, organizzatori ed esecutori di violenze.

Malgrado che questo sia un fatto riconosciuto, questo fenomeno, a quanto mi è dato di sapere, non è mai divenuto oggetto di uno studio statistico approfondito. Neanche i casi di violenza contro i genitori sono stati esaminati da questo punto di vista.

Restiamo così nella disinformazione statistica, la quale conferma una opinione generale che non coincide con le esperienze fatte nei rispettivi ambienti famigliari.

Credere che le vecchie generazioni siano cattive ed unicamente le nuove oggetto della loro violenza, è per di piú un esempio di enorme ingenuità.

Mi pare evidente che i bambini restano esseri umani anche una volta divenuti adulti!

Violenza come espressione della paura elementare

  1. Una notevole regressione degli adulti fino ad una delle fasi antecedenti della loro vita fa sì che l'adulto s'identifichi con il suo bambino.
  2. In seguito si tenta di viziare il bambino ricercandone nel contempo la complicità nella tendenza alla rivalità che esiste nei confronti dell'altro genitore.
  3. I genitori perdono così la loro competenza come educatori.
  4. Il bambino non può quindi piú identificarsi con la sicurezza ed autocoscienza dei genitori.
  5. Come reazione questi adulti sviluppano contenuti masochisti ed autocompassioni.
  6. L'adulto perde validità quale appoggio allo sviluppo del bambino.
  7. Il bambino avverte disprezzo nei confronti dell'educatore.
  8. Finalmente ne risulta una confusione completa dei ruoli in campo mentale, in netto contrasto con la situazione della vita pratica, dove la sicurezza materiale deve essere garantita come prima dalla generazione produttiva.

Queste le cause della confusione illimitata che si è impadronita dalla nostra società, confusione coronata della dichiarazione mondiale che favorisce per un anno una generazione limitata su 15 anni di età. Chi vuole il bene del bambino e non solo dichiarazioni, deve tentare il miglioramento delle condizioni in cui esso si sviluppa. Per il suo sviluppo egli ha infatti bisogno di tanto amore - che non si può fingere o manifestare unicamente per ragioni professionali -. Si tratta di un bene che deve essere continuamente offerto per essere avvertito. Un amore di questo genere è un sentimento che si nasconde facilmente sotto le sofferenze, alle quali sono esposti i genitori che desiderano a loro volta essere amati, sentirsi confermati nella loro funzione e che perfino, disorientati per mancanza di valori riconosciuti come assoluti, oggi hanno di solito una tremenda paura di una miseria immaginaria. Per avere un'idea dell'estensione di quest'ultima, basta leggere i giornali, vedere i film; consultare i titoli delle pubblicazioni e seguire le dichiarazioni programmatiche politiche attuali.

L'apprendimento della violenza nell'ambito familiare - Riassunto

La ricerca concernente l'apprendimento della violenza nell'ambito della famiglia ha alla sua base il contatto diretto con ambienti violenti. Esempi concreti confermano la multiformità della violenza. Strumento del chiarimento è il confronto delle opinioni correnti con la realtà effettiva. Quali esempi concreti figurano la violenza quale forma d'espressione d'una follia pluripolare, la violenza immaginata, la violenza compensatoria di carenza d'impulsività, la violenza mascherata, la violenza primitiva, la violenza quale espressione naturale e la violenza in quanto espressione della paura elementare. Assolutamente necessario è lo studio della natura propria della violenza. Nel presente testo viene descritta invece la confusione causata da una mancanza di conoscenza, come pure quella originata della statistica, della quale viene relativizzato il valore assoluto.

Dalla differenziazione analitica del movente violento risulta che le possibilità dell'apprendimento concernono un unico settore in ogni azione impulsiva.

La conoscenza delle componenti principali dei meccanismi della persona è una condizione elementare per poter approfondire lo studio a tal riguardo.

Nel testo sono descritte le prove scientifiche, le quali confermano la natura istintiva della violenza.

Dallo studio di tutti questi elementi risulta, come soprattutto la nonviolenza debba essere appresa per quanto le forme dell'espressione violenta, trattandosi di un istinto naturale, variano a seguito delle possibilità di coltivarsi dell'essere umano nella sua singolarità come nella sua collettività.

Letteratura:

  • ADLER, A.: Praxis und Theorie der Individualpsychologie. Bergmann. München 1923.
  • AICHHORN, A.: Verwahrloste Jugend. Die Psychoanalyse in der Fürsorgeerziehung. 10 Vorträge zur ersten Einführung. Mit einem Geleitwort von S. FREUD. Internationaler psychoanalytischer Verlag. Leipzig-Wien-Zürich 1925.
  • DITFURTH, v. Hoimar: Der Geist fiel nicht vom Himmel. Die Evolution unseres Bewusstseins. Hoffmann und Campe, Hamburg 1976.
  • ECCLES, John C.: The Human Mystery. Springer, New York, Heidelberg, Berlin 1978.
  • EHRHARDT, Helmut E. (Herausgeber): Aggressivität, Dissozialität, Psychohygiene. Hans Huber, Bern, Stuttgart, Wien 1975.
  • EIBL-EIBESFELDT, I.: Grundriss der vergleichenden Verhaltensforschung. 4. Aufl. Piper, München 1974.
  • EIBL-EIBESFELDT, I.: Die Ko-Buschmann-Gesellschaft. Piper, München 1972.
  • FREUD, S.: Studiengesamtausgabe. S. Fischer, Frankfurt am Main 1969.
  • HARTMANN, K.: Jugenddissozialität und Gesellschaft. In: siehe EHRHARDT.
  • HEDRI, A.: Psychotherapie ohne Dogmatismus. Musterschmidt, Zürich 1976.
  • HESS, W.R.: Das Zwischenhirn. Syndrome. Lokalisationen. Funktionen. (Monographie), Schwabe, Basel 1969.
  • JUNG. C.G.: Theorie und Praxis der Psychotherapie. Studienausgabe Walter, 0lten 1972.
  • KNAAK, L.: Trotz, Protest, Rebellion. Urform und Bedeutung des Nestzerstörungstriebes. Zur Psychohygiene des Jugendalters. Zürich 1970.
  • ders.: Strafe und Sühne in sozialpädagogischer Sicht. In: siehe EHRHARDT.
  • ders.: Zur Prävention der durch die Versorgungspädagogik verursachten psychischen Anästhesie. In: Sozial- und Präventivmedizin 22, 62-64, Bern (1977).
  • LORENZ, K.: Über tierisches und menschliches Verhalten. Gesammelte Abhandlungen, 2 Bände. Piper, München 1965.
  • PLOOG, D.: Biologische Grundlagen aggressiven Verhaltens. In: siehe EHRHARDT.
  • POPPER, K.R.; J.C. ECCLES: The Self and Its Brain. Springer, New York, Heidelberg, Berlin 1978.
  • SUTERMEISTER. H.M.: Grundbegriffe der Psychologie von Heute. Elfenau, Basel 1976.
  • TOMORUG, E.: Aggression und bioiogische Krisenzeiten. In: siehe EHRHARDT.