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Insieme/Gemeinsam/Ensemble - N° 9, Settembre 2001


Invecchiare nella vecchia Europa

L'Europa ha paura. Si sta accorgendo con una certa sorpresa, ma anche con trepidazione, che la popolazione autoctona sta invecchiando a ritmo impressionante per cui occorre rivedere le politiche familiari e migratorie, ma anche pensare a come far fronte in modo adeguato al crescente numero di anziani.

Anche la Svizzera si interroga sull'andamento demografico della sua popolazione, soprattutto per quanto concerne le comunità immigrate. La situazione della collettività italiana risulta molto indicativa in proposito. Da tempo è cessato il ricambio generazionale e le schiere di lavoratori giunte nella Confederazione negli anni '60 stanno lentamente ingrossando le fila dei pensionati, molti dei quali non intendono rientrare definitivamente in Italia.

Parecchi di questi pensionati provengono da un settore che spesso non ha significato successi economici vistosi. Assieme a coloro che sono stati costretti a lasciare il lavoro prima del tempo, essi costituiscono una categoria a rischio di emarginazione a motivo di una coltre di indifferenza o di riluttanza a voler adottare i necessari modelli interculturali a favore della terza età immigrata. Il dato statistico, infatti, va abbinato ad un altro dato rilevante: non abbiamo di fronte a noi persone qualsiasi, ma pensionati di lingua e cultura italiane. E' risaputo che il bisogno di un "accompagnamento" che rispetti la cultura di origine diventa particolarmente acuto quando si raggiunge l'età pensionabile. Sarebbe, tuttavia, assurdo pensare che si tratti esclusivamente di un problema da risolvere, con un approccio assistenzialistico vecchia maniera. Si tratta, in effetti, di una risorsa in gran parte inesplorata. Il pensionamento è un momento importante nella vita di un migrante, il sogno di una vita: un tempo per progetti, per fare cose mai fatte.

Ma questo traguardo quasi improvviso trova gran parte dei migranti impreparati per cui essi rischiano di operare delle scelte inadeguate. Se non è debitamente accompagnato, questo passaggio trasforma la vita in mera sopravvivenza e non in una reale opportunità. Si coglie già nell'aria la percezione di avere davanti a noi numerose persone condannate alla solitudine e alla emarginazione, incapaci o non aiutate a gestire il tempo e le qualità apprese in una vita, ma anche ignare delle offerte di alternative che le istituzioni e le associazioni possono offrire.

Nei prossimi anni i patronati saranno sempre più impegnati in Svizzera. Dovranno per forza aumentare i loro sportelli per offrire risposte adeguate in campo pensionistico e nella consulenza tecnica. L'opera del CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero, ndr) nel volere ridiscutere la ventilata chiusura di consolati mira anche a garantire una presenza istituzionale sul territorio in un momento particolare dell'emigrazione italiana. Altrimenti non si potrebbe evitare l'accusa di non saper cogliere l'evoluzione in atto della comunità.
D'altro canto occorre anche chiederci se la Svizzera, con le sue offerte davvero all'avanguardia nel campo della cura dell'anziano e nelle proposte per la terza età, sia davvero pronta e disposta a gestire offerte interculturali. Interrogativi e riflessioni che richiedono risposte adeguate in tempi brevi.