Presentazione di tre studi su alcune forme della "piccola" crudeltà comune
Le violenze individuali vengono giudicate come reati, le forme collettive però come espressioni di conflitti politici sui diversi livelli della società umana. Ciò ha come base un concetto d'identificazione che usiamo anche linguisticamente nelle forme grammaticali dei pronomi personali. La struttura è quella delle diverse estensioni del cerchio d'identità sociale. Centrale in ogni caso è la relazione personale nel raggio più stretto del "io-tu" che porta al "noi", che si trova con un cerchio più esteso del "voi", la quale è iscritta nell'ambito di "loro", del cerchio più esteso delle relazioni dell'identità sociale. Ogni cerchio di questa estensione delle relazioni forma anche un'area di difesa, contenendo aspetti d'identità specifica del tipo d'intimità. Le solite ricerche sociologiche e anche psicologiche non seguono questa struttura naturale della soggettività, ma trascurano invece l'importanza della nostra dipendenza delle reciprocità dei ricambi di segnali d'identificazione. Confrontato con questa realtà si mette in moto lo smarrimento nei labirinti macrocosmi o, in direzione opposta, nei dettagli microcosmi. Negli appunti della psicologia dell'identità sociale si trovano anche studi simili, dei quali qui di seguito vengono esposti gli studi sulla violenza subita dalla vittima del terrore.
La ragione naturale dell'aggressione sembra data dall'autoconservazione con la sua parte attiva, la quale è conosciuta come espansione della dominanza nel raggio della propria identità sociale. Le ideologie dell'umanesimo e dell'etica espressiva o d'un elegiaco ritorno alla vita naturale, come per esempio propagavano certi movimenti dal 1900 in avanti (per esempio il famoso Monte Verità di Oedenkoven, la colonia sull'arcipelago delle Galapagos del dentista Ritter, il Gottesreich Amden di Joshua Klein o del sionismo di Herzl), esprimono gli istinti di socializzazione esistenziale delle loro esclamazioni, trascurando però, e non prendendo in considerazione, la dinamica dell'autoconservazione, cioè dell'usurpazione territoriale, la vera causa dei grandi conflitti latenti, che sorprendono per la loro violenza quando divengono acuti. Ciò diventa reale nella fase di realizzazione politica di grande dimensione. Quale esempio può valere il conflitto del vicino oriente nel lato est del mediterraneo. Altre formazioni meno feroci e perfino puramente pacifiste, scompaiano in meno di 20 anni dai tentativi di realizzare il grande sogno gnostico dell'apoteosi umana.
Funzioni dell'istinto di conservazione della vittima del terrore
Contributo al convegno "dalla parte della vittima" tenutosi a Milano, marzo 1978, realizzato dal Gruppo di Psicologia Giuridica (G.P.G.) della Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Milano.
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L'apprendimento della violenza nell'ambito familiare
Conferenza del 22.03.1979, nell'Aula magna dell'Universitą degli studi di Milano,
Facoltą di Medicina, Istituto di Psicologia, Centro psicologia giuridica
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La violenza quale forma d'espressione d'una follia pluripolare
La motivazione nascosta che costringe ad esprimersi in atti non controllati dell'ego.
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